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Alessia Pifferi condannata all'ergastolo per omicidio della figlia

Circa due ore e mezza di camera di consiglio. Il pm aveva insistito sulla richiesta del massimo della pena. La difesa annuncia ricorso: "Non c'è stato un clima sereno"

Alessia Pifferi in aula (Fotogramma)
Alessia Pifferi in aula (Fotogramma)
13 maggio 2024 | 11.46
LETTURA: 6 minuti

I giudici della sezione della corte d’Assise di Milano hanno condannato all’ergastolo Alessia Pifferi per l’omicidio aggravato della figlia Diana, di soli 18 mesi, lasciata morire di stenti nella sua culletta. Un abbandono, dal 14 al 20 luglio del 2022, per il quale le erano contestate le aggravanti della premeditazione, dei motivi futili e il legame parentale per la figlia. La sentenza della corte presieduta da Ilio Mannucci Pacini ha accolto, pur non riconoscendo l’aggravante della premeditazione, la richiesta del pm Francesco De Tommasi che aveva chiesto l’ergastolo.

“E’ un dolore atroce, si è dimenticata di essere una mamma. Deve pagare per quello che ha fatto. Se si fosse pentita e mi avesse chiesto scusa… ma non l’ha fatto. Ora non riuscirei a dirle nulla”. Sono le prime parole con cui Maria, mamma di Alessia Pifferi, ha commentato la sentenza all’ergastolo della figlia.

Viviana Pifferi, sorella dell'imputata, ha dichiarato: "Non so dirvi cosa provo, spero che Diana possa volare via in pace. I giudici hanno fatto quello che è giusto perché mia sorella non ha attenuanti".

La camera di consiglio è durata circa due ore e mezza. La corte ha stabilito una provvisionale di 50mila euro per la madre dell'imputata e 20mila per la sorella, entrambe parte civile nel processo. Le motivazioni della sentenza saranno rese note tra 90 giorni. Alla lettura del dispositivo l'imputata, in prima fila, è rimasta immobile mentre il pm De Tommasi non ha nascosto la soddisfazione per una "sentenza giusta che riporta al centro del processo la vittima".

La difesa: "Faremo ricorso"

"Farò ricorso in appello, chiederò la riapertura dell'istruttoria e una nuova perizia collegiale perché penso non ci sia stato un clima sereno. Se non ci fosse stata l'inchiesta parallela (che riguarda le psicologhe del carcere, ndr) forse la perizia avrebbe dato un esito diverso. Vedremo". Lo annuncia Alessia Pontenani, difensore di Alessia Pifferi dopo la condanna all'ergastolo.

"Si aspettava una sentenza così dura, ma era molto dispiaciuta per l'atteggiamento della sorella e della mamma. Quando il presidente ha pronunciato la parola ergastolo si è capito che dietro stavano festeggiando e qui c’è ben poco da festeggiare", aggiunge. "Oggi Alessia Pifferi ha pianto, si è lasciata andare, sta continuando a piangere. Era molto preoccupata all'idea di tornare in carcere per quello che può accadere adesso all’interno di San Vittore. Sicuramente gli insulti adesso ripartiranno, come ripartono regolarmente dopo ogni udienza".

A chi le chiede come la sua assistita vive la morte di Diana e se è consapevole di aver ucciso la sua bambina, l'avvocata replica: "Lei il dolore lo ha da sempre, da quando è successa questa cosa. Non so quanto si renda conto di essere stata responsabile della morte della figlia".

La requisitoria del pm

Nella sua lunga requisitoria il pubblico ministero aveva ripercorso la "tragica morte della piccola Diana", abbandonata per sei giorni in casa, "senza nessuno, senza nessun tipo di assistenza e cura, senza un’alimentazione adeguata, senza cibo, acqua o latte che possa assicurarle la sopravvivenza". Un'"eternità" per una bimba di un anno e mezzo che ha "patito sofferenze atroci, terribili, che si è spenta lentamente". Diana era sola in casa "perché la madre invece di adempiere ai propri dovere, stare accanto alla figlia, l’ha lasciata sola ed è corsa dal suo compagno" in provincia di Bergamo. Mente a tutti "per soddisfare i suoi bisogni", la espone "a una serie di rischi, di cui solo uno si è concretizzato: Diana è morta di stenti" eppure "avrebbe avuto mille modi per salvare la vita della figlia. L'unico desiderio dell'imputata era alimentare la sua relazione amorosa, oggi il suo unico scopo è eludere le conseguenze delle sue azioni di cui è assolutamente consapevole" la tesi dell'accusa.

Nel suo intervento in aula il pm aveva evidenziato come la madre "non ha mai mostrato segni di pentimenti, non si è mai assunta la sua responsabilità per quello che ha fatto, ha assunto un atteggiamento finalizzato esclusivamente a scrollarsi di dosso la sua responsabilità".

La difesa di Pifferi

Conclusioni a cui, nella requisitoria di oggi, la difesa di Alessia Pifferi rappresentata dall'avvocata Alessia Pontenani ha cercato di ribattere chiedendo l'assoluzione perché l'imputata "non voleva uccidere la figlia. Le lascia da mangiare e da bere, la lascia nel suo lettino senza lenzuola, lascia le finestre aperte; poi non sappiamo cosa sia successo, se i piani di questa ragazza madre sono andati in frantumi".

Un genitore la cui "incuria" e "incapacità di accudire" viene più volte ricordata: "Quel corpicino aveva bisogno di amore e protezione che lei non è riuscita a darle". Ma quando ritorna, dopo una settimana, "non inscena la sparizione della bambina o il rapimento. Avrebbe potuto metterla in un sacchetto della spesa e farla sparire e non se ne sarebbe accorto nessuno perché questa bambina era un fantasma" che nessuno ha mai sentito piangere. Ad Alessia Pifferi vanno concesse le attenuanti generiche "perché non ha mai preso in giro nessuno", lei "non ha mai pensato alle conseguenze delle sue azioni tanto che ha dato l’allarme. Avesse premeditato questo delitto orribile non saremmo qui, ma a cercare una bambina scomparsa. Esiste un reato nel nostro codice che è l’abbandono di minore: è il nostro caso, è il caso di Diana", ha detto la difesa.

Legale parte civile

Per Emanuele De Mitri, avvocato di parte civile, invece "ci troviamo di fronte a una condotta di natura volontaria, a un caso agghiacciante in cui la responsabilità è chiara a seguito di granitiche prove, mai scalfite dagli esiti dell’istruttoria. In questo processo c’è solo una verità: Alessia Pifferi è colpevole dell’omicidio della piccola Diana, sapeva benissimo che abbandonando la figlia in quel modo ne avrebbe provocato la morte".

"Alessia Pifferi decide autonomamente di lasciare la figlia in casa, mente al compagno e ai familiari su dove è la bambina. Il dubbio sull'imputabilità è stato smantellato dalla perizia che sostiene che era capace di intendere e volere al momento del fatto e questo dato non è superabile da nessun problema cognitivo dell'infanzia o dalla sua poca volontà di studiare da bambina. Non ci sono anomalie comportamentali, non ci sono anomalie che possono inficiare l’istinto materno, non c’è nessun essere che non accudisce i propri bambini", ha aggiunto il legale che tutela gli interessi di Maria e Viviana, rispettivamente madre e sorella dell'imputata. "In quest'aula non c’è stato un solo elemento a suo favore. Abbiamo assistito a tentativi di giustificare una condotta omicidiaria, tentativi da commedia dell’arte meschini e gravi tentativi di denigrare la famiglia d’origine: è falso che la madre e la sorella l'hanno abbandonata. Ha tradito la piccola Diana, ha tradito il suo corpo nonostante ci dica che vive per lei. Alessia Pifferi ha accettato il solo esito possibile: la morte", ha detto l'avvocato.

"E' stata una donna presuntuosa, è stata una donna lussuriosa che ha seguito l'appetito del corpo. Non c’è nessuna responsabilità dei familiari, Maria e Viviana mai avrebbero potuto pensare che Alessia Pifferi abbandonasse la figlia" e per questo l'omicidio "ha un solo responsabile, un solo nome", ha concluso l'avvocato chiedendo di non concedere le attenuanti generiche e di liquidare 200mila euro per la madre dell'imputata e 150mila euro per la sorella come danno d'immagine (o 100mila euro ciascuna come provvisionale) per una famiglia che è "già attinta dall'ergastolo del dolore".

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